La Domus dei Coiedii
I vani di servizio
Il quartiere termale
I cubicula AK e AN
Il giardino
Le stanze da letto V e R
L’atrio di etą tardorepubblicana (AA e U)
I vani I ed L
La sala H
L’atrio tetrastilo B
L’Edificio S
Il tablino O
Il vano AQ
L’oecus G
La diaeta AF
Il portico del giardino, l’ala ovest (AD-AE)
La sala E, il vano C
L’ala Q e il vano P
Le campagne di scavo effettuate in questo ultimo ventennio hanno consentito di riportare in luce i resti di una grande abitazione privata (domus) situata lungo il principale asse viario della città di Suasa, in una zona compresa tra il Foro e il sistema del Teatro e Anfiteatro.
E’ un edificio di notevoli dimensioni (105 metri di lunghezza e 34 di larghezza), dai caratteri architettonici sontuosi e con un ampio cortile porticato posto alle spalle della parte abitativa.
Dal rinvenimento al proprio interno di un frammento di iscrizione è stato possibile attribuire la proprietà della casa alla famiglia di rango senatorio dei Coiedii. L’iscrizione è ora esposta nel Museo Archeologico di Castelleone di Suasa.
L’edificio, così come lo vediamo oggi è il frutto di più interventi edilizi che nel corso del tempo ne hanno cambiato la struttura, le decorazioni e la planimetria. L’indagine archeologica ha infatti chiarito che in precedenza l’intera area dove ora sorge l’abitazione, un intero quartiere della città (insula), era occupata da più case di piccole dimensioni, risalenti alla media e tarda età repubblicana, cioè tra il II sec a.C. e la prima metà del I sec. d.C.
Nei primi decenni del II sec. d.C., cioè in piena età imperiale, si mise in atto una radicale risistemazione del quartiere realizzando un considerevole ampliamento di una di queste piccole abitazioni a discapito delle altre, che furono completamente rase al suolo e i cui resti vennero interamente nascosti dai muri e i pavimenti della nuova domus.
Il nucleo da cui ebbe origine la nuova dimora è ancora ben visibile nel settore di ingresso, dove la disposizione delle stanze restituisce il tipico schema della casa romana di età tardo repubblicana, con la canonica sequenza di corridoio di accesso (fauces), atrio (atrium), tablino (tablinum) e giardino (hortus). L’ingresso era affiancato da una bottega (taberna), aperta verso la strada e da una piccola camera da letto (cubiculum) che forse ospitava il custode della casa. Dall’atrio, perno della casa si accedeva alle camere da letto e all’ala, poste a lato.
Nei primi decenni del II sec. d.C questa piccola abitazione fu ampliata verso est e verso sud dando vita al grande complesso abitativo dei Coiedii.
La nuova abitazione è incentrata sull’atrio che venne costruito nell’area precedentemente occupata dal giardino della casa più antica. Attorno a questo si sviluppa tutto il settore di rappresentanza con grandi stanze magnificamente decorate da pavimenti a mosaico e pitture sulle pareti. Fu poi costruito il grande giardino porticato, il quartiere termale con piscina centrale e il settore degli ambienti dei servizi che ospitavano anche gli schiavi che si occupavano della vita e della manutenzione della casa.
Nel corso del III secolo d.C. la casa è ancora oggetto di importanti interventi edilizi di alta qualità, come la trasformazione di un suo settore in un quartiere privato (hospitium) e la costruzione di un grosso edificio sul fronte della facciata. Un edificio ad aula unica non comunicante con la casa, da cui si accedeva solamente dalla strada attraverso una scalinata, forse sede di un collegium.
Da questo momento la crisi economica che colpisce l’intera penisola fa sentire i suoi esiti anche a Suasa e li troviamo riflessi nella domus. La piscina viene riempita di detriti, i mosaici che prima erano ben curati vengono aggiustati con grossolani rattoppi e con colate di malta, alcuni ambienti vengono suddivisi in più spazi da muri precari. Ci si avvia, dunque, verso un lento e progressivo declino. Già dal IV secolo d. C. il giardino della casa diventa un’area di sepolcreto e di attività artigianali, mentre dal V secolo si registrano i primi momenti di abbandono e di distruzione. Sopravvivono alla lenta distruzione della casa gli ambienti che si affacciano sulla strada che diventano però ripari per i viandanti, come ci testimoniano i numerosi focolari apprestati sui pavimenti, oppure divengono luoghi dove ammassare materiale da costruzione o architettonico pronto per essere riutilizzato o trasformato in calce,come la splendida testa di Augusto ora esposta al Museo Archeologico di Castelleone.
Il definitivo abbandono della casa deve collocarsi verso la prima metà del VI secolo,quando, in seguito alle vicende della guerra greco-gotica (535-553 d.C.), che sconvolsero l’economia e l’assetto insediativo dell’intera regione marchigiana, si abbandonarono tutti i centri sorti sui fondovalle, Suasa compresa.
- Fotografie pavimentazioni museali
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